L’ultimo piano per la messa in sicurezza idrogeologica del Veneto, commissionato dalla Regione al professor Luigi D’Alpaos dell’Università di Padova, massima autorità in materia di idraulica, risale al 2010. Fu fatto dopo la grande alluvione di inizio novembre che mandò sott’acqua mezzo Veneto con mezzo milione di sfollati. Il piano complessivo prevede 681 opere, per un costo totale di 2 miliardi 607 milioni 434 mila euro. Ad oggi, complessivamente sono infatti stati attuati oltre 650 interventi, per un importo di quasi 400 milioni di euro. Il più significativo degli interventi già conclusi è il bacino di Caldogno (periferia nordest di Vicenza) che ha un’estensione di 110 ettari e consente di invasare un volume complessivo di 3,8 milioni di metri cubi sottraendo alle piene del Timonchio una portata di 200 metri cubi al secondo.
Altri bacini di laminazione già funzionanti e pronti all’uso in caso di necessità sono quelli di Trissino (Vicenza) e della Colombaretta (Montecchio di Crosara, provincia di Verona), che interessano le province di Verona e Vicenza, con effetti anche nell’area del padovano. E’ in corso di realizzazione anche un ulteriore intervento (viale Diaz) e altri ancora sono in programmazione.
Infase di avvio invece quello di San Lorenzo sull’Alpone (Verona) e quello del Muson dei Sassi a nord di Castelfranco (Treviso).
”Pur non potendo parlare di sicurezza totale – precisa il presidente del Veneto Luca Zaia – certamente possiamo affermare di aver operato e di operare per un continuo miglioramento delle condizioni di sicurezza complessive oltre che della gestione dell’emergenza”.
La sicurezza idrogeologica, sottolinea, “è una di quelle partite che giocheremo senza cedimenti al tavolo sull’autonomia del Veneto con lo Stato, perché la messa in sicurezza del territorio è un valore irrinunciabile, che diventa un diritto quando, come il Veneto, si sarebbe in grado di arrangiarsi”.
“Basti pensare che l’intero valore del Piano D’Alpaos costituisce meno di un sesto dell’intero ammontare del residuo fiscale attivo (quasi 15 miliardi e mezzo) che ogni anno va a Roma senza tornare nemmeno in piccola parte sul territorio abitato da chi quelle tasse le paga – conclude Zaia -. E’ un’ingiustizia che saneremo grazie al mandato ricevuto dai veneti con il referendum del 22 ottobre”.