Sulla questione PFAS sono emerse e ed emergono spesso diverse domande. Attraverso questa scheda, che terremo in costante aggiornamento, abbiamo raccolto le principali FAQ, Frequently Asked Questions, con le relative risposte.
Domanda | Risposta |
Cosa sono i PFAS ? | Le sostanze perfluoroalchiliche sono una famiglia di composti chimici costituiti da catene di atomi di carbonio a lunghezza variabile legate ad atomi di fluoro e ad altri gruppi funzionali. I PFAS vengono utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua materiali quali tessuti (p.es. goretex), tappeti, moquette, carta, contenitori per alimenti. Servono per fissare il rivestimento delle pentole antiaderenti, per le schiume antincendio, pitture, vernici, come rivestimento antipolvere per la microelettronica (ad esempio i microfoni dei telefonini). Sono usati nella produzione di cosmetici e di alcuni farmaci e per molte altre applicazioni. Sono poco biodegradabili e quindi molto persistenti nell’ambiente. |
Quando si è scoperta la presenza di PFAS nelle falde acquifere del bacino del fiume Fratta-Gorzone ? | La Regione è venuta a conoscenza del fenomeno di inquinamento da PFAS il 29 maggio 2013, quando il Ministero dell’Ambiente ha comunicato alla Regione l’esito di uno studio commissionato al CNR- IRSA che evidenziava la presenza di PFAS in concentrazioni “preoccupanti” nelle acque potabili di alcuni comuni veneti. In altre Regioni, fra cui anche quelle che scaricano nel Fiume Po, il fenomeno era stato già rilevato ben prima (il primo episodio di grave contaminazione da PFAS noto in Italia è quello di Spinetta Marengo in Provincia di Alessandria, anteriore al 2010). |
Dove si trovano i PFAS?
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Tali sostanze, a causa della loro elevata diffusibilità attraverso l’acqua e della loro bassissima biodegradabilità, sono ormai ubiquitarie, ovvero sono presenti ovunque, tanto che sono state trovate anche nei ghiacci del Polo Nord. Ognuno di noi viene ormai a contatto con quantità molto basse di PFAS in ogni luogo. È quindi evidente che non è possibile aspettarsi un valore 0 (ammesso che sia scientificamente misurabile) nell’acqua, dovunque si vada a cercarli. |
Lo studio commissionato dal Ministero dell’Ambiente al CNR ha evidenziato la presenza di queste sostanze solo in Veneto? | NO. Queste sostanze sono state rilevate con concentrazioni superiori ai 500 ng/l anche in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana. |
Esistevano dei limiti di legge per i PFAS nel 2013? | NO. Nonostante dal 2010 ci fosse una raccomandazione europea in tal senso, l’Italia non aveva alcuna indicazione normativa al riguardo. E non ci sono limiti puntuali nazionali allo scarico nemmeno adesso. |
La situazione rilevata nel 2013 presentava rischi? | L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il 7 giugno 2013 scriveva che “pur non configurandosi un rischio immediato per la popolazione esposta, si ravvisa l’opportunità ed urgenza di adottare adeguate misure di mitigazione dei rischi, prevenzione e controllo”. |
La Regione Veneto si è attivata tempestivamente a protezione della popolazione esposta? | SI’. Subito dopo la comunicazione del Ministero, la Regione ha invitato i gestori del servizio idropotabile ed i Comuni ad attivarsi immediatamente. Nonostante l’indicazione dell’Istituto Superiore di Sanità del 7 giugno 2013, che pur non ravvisava un “rischio immediato per la popolazione esposta”, il 4 luglio 2013 la Regione ha comunque sollecitato i Gestori degli acquedotti ad installare i filtri a carboni attivi. I Gestori hanno quindi immediatamente provveduto a porre in essere misure di contenimento della contaminazione delle acque potabili, installando i filtri e attivando misure complementari d’urgenza, quali: chiusura di pozzi riscontrati fortemente contaminati; incremento degli attingimenti da pozzi più sicuri, avviamento di interventi di interconnessione locale, predisposizione di piani di monitoraggio mirati. Tali iniziative sono state attuate già entro il mese di luglio 2013, e sono state potenziate nei mesi immediatamente successivi, quindi ben prima di ricevere qualsiasi linea guida dall’Istituto Superiore di Sanità. |
La Regione si è attivata tempestivamente con i controlli necessari? | SI’. Il 13 giugno 2013, appena saputo del fenomeno di inquinamento, la Regione ha attivato gli opportuni controlli ambientali sul campo. Nei primi 3 anni dalla notizia ricevuta dal Ministero dell’Ambiente, ARPAV ha effettuato oltre 50.000 campionamenti. Dal 2013 al 2015, le ULSS hanno prelevato 1252 campioni sulle sole acque potabili. La Regione ha inoltre attivato una apposita Commissione Tecnica dal 12 agosto 2013 dedicata ai PFAS. A partire dal 13 agosto 2017 tale organismo è confluito nella Commissione Ambiente e Salute con compiti di supporto alla Giunta non solo con riguardo ai PFAS, ma a tutti i fenomeni di inquinamento e contaminazione sanitaria/ambientale. |
I limiti sono stati introdotti tardivamente? | A seguito dei solleciti della Regione, il 29 gennaio 2014 il Ministero della Salute ha comunicato i valori di performance stabiliti dall’ISS, da rispettare per le acque potabili, pari a 30 ng/l per i PFOS, 500 ng/l per i PFOA e 500 ng/l per gli altri PFAS. L’ISS dichiara che “concentrazioni nelle acque destinate a consumo umano di PFBA fino a 500 ng/l e PFBS fino a 500 ng/l non configurano rischi per la salute umana, si raccomanda il rispetto dei limiti di performance di 500 ng/l per la somma di altri PFAS e dei valori già indicati per PFOS e PFOA”. Tali valori per litro sono tutti inferiori ad un milionesimo di grammo. |
La Regione, a fronte della inerzia del Governo nazionale, cosa ha fatto per la massima tutela dell’acqua potabile? | Fin da subito la Regione si è attivata per ottenere dal Governo indicazioni chiare sui limiti da adottare per le acque potabili, ricordando che la tutela della salute dei cittadini da PFAS è un problema non solo veneto ma nazionale, come evidenziato dalla ricerca del CNR del 2013 che identificava, oltre al Veneto, varie zone contaminate da PFAS in Lombardia, Toscana, Campania. Anche dopo aver ottenuto, nel 2014, i limiti di performance per gli acquedotti, la Regione ha continuato a chiedere al Ministero limiti per l’acqua potabile più restrittivi e tutelanti per il Veneto e per le altre Regioni. Ma a settembre 2017 il Ministero della Salute ha comunicato che non era necessario gestire il problema a livello nazionale. La Giunta regionale ha preso atto della mancata volontà statale ed ha deciso di andare oltre le misure di tutela previste dai limiti di performance dell’Istituto Superiore di Sanità, stabilendo limiti di riferimento con valori drasticamente ridotti. Infatti la Giunta ha deciso di ridurre la somma dei composti PFOA + PFOS a 90 nanogrammi/litro, a fronte dei 530 nanogrammi/litro previsti dall’ISS, e la somma di tutte le altre sostanze PFAS a 300 nanogrammi/litro, a fronte dei 500 nanogrammi/litro previsti dall’ISS, e che in nessun caso il singolo composto PFOS possa superare i 30 nanogrammi/litro. Inoltre ha stabilito, per l’area più contaminata, un valore obiettivo pari a 40 nanogrammi/litro per il composto PFOA. La Giunta ha inoltre programmato il finanziamento dell’adeguamento degli impianti di acquedotto. Con queste nuove disposizioni possiamo dire che nessun altro Paese al mondo ha valori così restrittivi. |
I PFAS sono pericolosi anche per valori inferiori a quelli stabiliti dall’ ISS? | L’Istituto Superiore di Sanità ha individuato i valori di performance tenendo conto del fatto che queste sostanze possono dare disturbi per accumulo, pertanto considerando il quantitativo medio di acqua ingerita dalle persone, il valore è stato considerato sicuro. |
Gli altri Paesi hanno limiti più bassi? | NO. La maggior parte degli altri Paesi non ha alcun limite su queste sostanze, la Germania ha valori più bassi ma calcolati con metodi differenti. La Svezia ha posto un limite più basso, ma calcolato su una sommatoria diversa. La Gran Bretagna ha limiti molto più alti e gli Stati Uniti hanno solo un valore di riferimento che però non è un limite valevole immediatamente per tutti gli Stati dell’Unione Europea. |
I valori dei PFAS negli acquedotti sono altissimi anche adesso? | NO. I valori rilevati negli acquedotti dopo il 2013, sono intorno ai 100 ng/l per i PFBA, circa 50 ng/l per gli PFBS, circa 80 ng/l per i PFOA, circa 100 ng/l per gli altri PFAS. Per queste sostanze il livello di performance individuato dall’istituto superiore sanità è pari a 500 ng/l. I PFOS rilevati hanno concentrazione media pari a circa 4 ng/l contro un valore di performance di 30 ng/l. I gestori degli acquedotti hanno messo in atto un costante sforzo di ricerca per migliorare l’efficienza dei filtri e lo stanno tutt’ora facendo. Un caso a parte è rappresentato dai Comuni rientranti nella “Zona Rossa” dove attualmente gli acquedotti erogano acqua praticamente a zero PFAS, in seguito alle disposizioni della Regione approvate con Delibera della Giunta il 3 ottobre 2017. |
I pozzi sono a rischio? | NO. Dal 2013 i pozzi sono stati mappati e controllati, in caso di superamento dei valori di performance, sono state emesse ordinanze di chiusura. |
La spesa per la filtrazione è a carico esclusivamente degli utenti? | La Regione ha sinora investito 3,2 milioni di € per i sistemi di filtrazione: è vero che non sono sufficienti, ma ha anche deciso di costituirsi parte offesa contro gli inquinatori, primo passo per poter arrivare ad ottenere dei risarcimenti. |
Per non esporre ancora la popolazione ai PFAS si è pensato a soluzioni alternative ai filtri? | La soluzione più efficace per non esporre la popolazione è tuttora rappresentata dall’attingimento di acqua potabile da fonti collocate al di fuori dell’area contaminata. In questa direzione stanno lavorando attivamente Veneto Acque Spa, su apposito incarico della Regione, formalizzato con la deliberazione della Giunta regionale n. 385 del 28 marzo 2017, i Consigli di Bacino ed i Gestori del servizio idrico integrato. Sono già state individuate le opere da realizzare e sono già state proposte al Ministero al fine del finanziamento con fondi statali. |
E’ vero che la Regione non ha investito sul problema? | NO. La Regione ha già speso 3,2 milioni in filtri e implementazione impianti di potabilizzazione, 1,5 milioni sono stati stanziati per la progettazione dei nuovi acquedotti e 3,5 milioni per finanziare ARPAV sul fronte ambientale, cui si aggiungono le elevatissime spese per i monitoraggi sanitari |
A chi spetta l’attuazione degli interventi sugli acquedotti? | La pianificazione degli interventi di estensione della rete acquedottistica e delle installazioni impiantistiche spetta al Consiglio di Bacino competente per territorio, che è l’Ente di governo dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) del servizio idrico integrato istituito con Legge regionale n. 17/2012, sulla base delle competenze disposte dalla Legge dello Stato. Ciascun Consiglio di Bacino è costituito dai Comuni che fanno parte del territorio dell’ATO. La realizzazione e la gestione degli interventi spetta al Gestore del servizio idrico integrato competente per territorio, che è una Società partecipata dai Comuni, titolare di uno specifico affidamento da parte del Consiglio di Bacino. |
Chi paga gli interventi sugli acquedotti? | Gli interventi sulle infrastrutture di acquedotto, fognatura e depurazione, sono coperti dagli introiti derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato, in base alle disposizioni dell’art. 154 del D.Lgs. n. 152/2006. La Regione ha comunque dato supporto finanziario, per 3,2 milioni di euro, ad alcuni importanti interventi di adeguamento della centrale acquedottistica di Lonigo e ad alcuni interventi di estensione di reti, affinché i relativi costi non gravassero interamente sulla tariffa. La Regione sta inoltre sta provvedendo, mediante la Società regionale Veneto Acque S.p.A., a completare le opere complementari alla realizzazione dei nuovi pozzi in Comune di Carmignano di Brenta, già terminati e autorizzati dal Genio Civile di Padova per il prelievo di 500 l/s, che potranno alimentare in futuro le zone ora contaminate, e a coordinare la progettazione degli interventi di interconnessione idrica tra i vari ATO, necessari per portare acqua di buona qualità a tutti. Per la realizzazione di questi importanti interventi la Regione ha provveduto a richiedere al Governo l’emissione della dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina di un Commissario delegato, in modo da accelerare quanto più possibile la costruzione delle nuove adduttrici. Tali richieste sono state accolte ed il Capo Dipartimento della Protezione Civile ha ora nominato con Ordinanza n. 519 del 28.05.2018 il Commissario delegato, individuato nel Dott. Nicola dell’Acqua, Direttore Generale di ARPAV. Il Commissario pertanto realizzerà gli interventi emergenziali per un importo di 56,8 milioni di Euro, interamente finanziati dal Governo, che ha promesso uno stanziamento complessivo di 80 milioni per la realizzazione di tutti gli interventi prioritari. Tali interventi (comprensivi di quelli a carico del Commissario) ammontano infatti complessivamente ad un importo di 120,8 milioni e saranno finanziati, oltre che dal Governo per 80 milioni, anche dai Gestori del servizio idrico integrato, con le risorse della tariffa già presenti nei Piani d’Ambito. La Regione contribuirà a finanziare le spese di progettazione per un importo di 1,5 milioni. |
Quali sono le nuove condotte progettate per portare acqua buona al Centro idrico di Madonna di Lonigo in sostituzione dei pozzi contaminati da PFAS? | In seguito a valutazioni approfondite con i Gestori del servizio idrico integrato, sono state individuate 3 direttrici principali di intervento: – direttrice Est – Ovest con risorsa idrica da prelevare dai nuovi pozzi in Comune di Carmignano di Brenta (Loc. Camazzole) e da altri prelievi disponibili lungo il tracciato, per consegnarla alla centrale idrica di Madonna di Lonigo in sostituzione dell’acqua proveniente dal campo pozzi di Almisano; – direttrice Sud – Nord con risorsa idrica proveniente dalle disponibilità presenti e programmate, sia mediante realizzazione di nuovi tratti di condotte, sia mediante l’utilizzo di infrastrutture già presenti sul territorio, per interconnettere la rete di distribuzione esistente rifornita dal campo pozzi di Almisano; – direttrice Ovest – Est, con risorsa idrica che proverrà da nuovi prelievi in Comune di Belfiore, mediante la realizzazione di una nuova condotta adduttrice fino alla centrale idrica di Madonna di Lonigo. |
Come vengono tutelati gli altri acquedotti del Veneto?
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La Regione non si è limitata a garantire la sicurezza dell’acqua potabile per la sola area contaminata da PFAS, ma ha provveduto ad attivare i Gestori a mettere in campo dotazioni impiantistiche per poter far fronte ad eventuali ulteriori inquinanti emergenti, ora non noti, garantendo in tal modo la sicurezza dell’acqua potabile. Uno strumento utilissimo sono i Piani di Sicurezza degli acquedotti, che valutano i rischi a cui è sottoposta ciascuna fonte e prevedono le misure di tutela e salvaguardia della qualità prelevata. Con la Delibera n. 2232 del 29.12.2017 la Giunta regionale ha tuttavia disposto di avviare per la totalità degli acquedotti del Veneto, in anticipazione rispetto la dotazione di Piani di Sicurezza da parte dei Gestori, le necessarie attività affinché essi si dotino di sistemi di precoce rilevazione di situazioni critiche legate a inquinanti “emergenti”; ha disposto inoltre che i Consigli di Bacino, d’intesa con i Gestori, predispongano gli opportuni studi di fattibilità tecnico economica, con il relativo cronoprogramma di attuazione, degli interventi necessari relativi agli apprestamenti impiantistici, fissi o mobili, atti al filtraggio dell’acqua erogata. Una prima condivisione di tali studi di fattibilità è già avvenuta su iniziativa della Regione, che coordina le attività dei Consigli di Bacino e dei Gestori, per realizzare gli interventi più adatti per ciascun caso. |
La Regione si è attivata per la bonifica del sito Miteni, indicata come fonte primaria di emissione da ARPAV il 11 luglio 2013? | SI’. La Regione ha collaborato attivamente in conferenza dei servizi per il piano di bonifica ambientale. Sono stati realizzati 8 pozzi che emungono l’acqua all’interno del perimetro dell’azienda per convogliarla a un sistema di filtraggio che abbatte di 30 volte la presenza di PFAS, l’acqua prelevata non viene quindi scaricata nel torrente Poscola senza essere prima trattata. Per tale scarico la Regione ha fissato, nel provvedimento di AIA (unica procedura che le consentiva di farlo) gli stessi limiti previsti per l’acqua potabile; va ricordato comunque che non si tratta di acque di produzione. |
Vengono effettuati controlli sullo scarico del collettore ARICA? | La Regione con proprio Decreto ha imposto limiti allo scarico del collettore terminale del Consorzio ARICA a Cologna Veneta, nel quale confluiscono i reflui depurati dei 5 depuratori della Valle del Chiampo; il rispetto dei limiti allo scarico imposti è verificato da ARPAV. Il Decreto regionale prevede un apposito cronoprogramma che mira, mediante dell’adozione delle migliori tecnologie disponibili, al miglioramento progressivo della qualità delle acque di scarico, agendo sulle capacità depurative e sui processi produttivi a monte. Già ora si registra una progressiva riduzione delle concentrazioni di PFAS allo scarico. I dati delle analisi sui PFAS sono costantemente aggiornati nella home page del sito internet di ARPAV. |
Nel 2014 l’azienda ha eliminato dal ciclo produttivo il PFOA, mentre il PFOS era stato eliminato precedentemente, nel 2011. | Attualmente, come verificato dall’ARPAV, tutte le acque di processo vengono filtrate e recapitate in fognatura. La Regione ha invitato ARPAV ad effettuare un’indagine più approfondita delle matrici ambientali, anche con carotaggi a maglia stretta fino a 10 m. di profondità, all’interno e all’esterno dei capannoni Miteni. La Miteni, dal 2013 ha trattato 2,2 milioni di metri cubi d’acqua eliminando 45 kg di PFAS. |
E’ vero che la Regione non ha posto vincoli alla Miteni? | NO. Il 30 luglio 2014 la Regione ha emanato l’autorizzazione integrata ambientale imponendo come limite allo scarico nel torrente Poscola i valori di performance indicati da ISS per le acque potabili. |
La Regione ha agito tempestivamente denunciando all’autorità giudiziaria? | SI’. La prima denuncia all’autorità giudiziaria è stata fatta dalla Regione tramite ARPAV l’11 luglio 2013. Da allora sono state formalizzate oltre 25 comunicazioni alle procure di Vicenza, Verona, Padova, Venezia. La Regione ha inoltre comunicato la costituzione di parte offesa alla procura di Vicenza ex articoli 440, 439, 449, 452 bis, 452 quater (disastro ambientale). |
I colpevoli non sono stati ricercati e puniti ? | La Procura della Repubblica di Vicenza è competente per le indagini in merito e sta procedendo per accertare le responsabilità. Una difficoltà non di poco conto nel determinare le imputazioni di reato sta nel fatto che per i composti PFAS non esistono tuttora dei limiti allo scarico imposti dalla normativa statale. |
La Regione ha denunciato il disastro ambientale? | SI’. La Regione ha denunciato il disastro ambientale ex art. 452 quater cp. Lo ha fatto dopo l’approvazione di tale articolo che nel 2013 non esisteva. |
La Regione poteva definire autonomamente limiti agli scarichi? | NO. L’articolo 101 del d.lgs. 152/2006 prevede che le Regioni possono definire “valori limite di emissione diversi da quelli di cui all’allegato 5 alla parte terza dello stesso decreto”. È quindi evidente che il prerequisito perché le Regioni possano attivarsi è che le sostanze siano indicate con i rispettivi limiti dal Ministero all’interno dell’allegato 5, che costituisce riferimento obbligatorio per Legge. La potestà delle Regioni sta nello stabilire limiti puntuali più restrittivi rispetto a quelli regolati con Legge dello Stato. In effetti alcune di queste sostanze sono state poi individuate dal Ministero ma solo nel 2015, dimostrando che effettivamente è il Ministero che può e deve intervenire sui limiti. La competenza del Ministero è peraltro stata ribadita anche dalla “Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle Attività illecite connesse al Ciclo dei rifiuti e su Illeciti ambientali ad esse correlati”, che si è occupata a lungo anche dell’inquinamento da PFAS nella nostra Regione, nella sua relazione conclusiva approvata in data 8 febbraio 2017. La Miteni, nel suo ricorso al Capo dello Stato contro l’autorizzazione integrata ambientale della Regione, evidenzia a sua difesa l’incompetenza della stessa nella emissione di provvedimenti in materia ambientale che definiscano limiti per sostanze non considerate nella normativa nazionale. |
La Regione deve far chiudere la Miteni.
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La Regione non ha la potestà di far chiudere o sequestrare un’attività produttiva. In ogni caso la Regione ha introdotto un articolo nelle norme tecniche attuative del Piano di Tutela delle Acque che consente alle autorità preposte di far delocalizzare un’azienda che insista su area di ricarica delle falde e che possa determinare rischi sanitari per la popolazione in ragione della compromissione della qualità dell’acqua. |
La Regione ha chiesto i danni alla Miteni o ad eventuali altri colpevoli dell’inquinamento. | La Regione si è costituita parte offesa e questo è il prerequisito per poter chiedere i danni a coloro che siano stati individuati colpevoli dall’autorità giudiziaria. |
La Miteni è unica responsabile dell’inquinamento? | NO. ARPAV la individua come la principale, ma non esclusiva fonte di emissione. Tali sostanze sono utilizzate anche da altre aziende, talvolta in modo inconsapevole, anche se nell’insieme Miteni è assolutamente preponderante relativamente ai rilasci in falda freatica, pur considerando le forti riduzioni allo scarico che ci sono state negli ultimi tempi. |
E’ mai stata valutata la presenza di PFAS nell’aria? | Attualmente non esistono limiti di concentrazione imposti per legge, né metodi analitici di riferimento. La Regione ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e al Ministero della Salute, che sono le Autorità competenti in materia, di esaminare tale aspetto all’interno dei propri Gruppi di lavoro, in modo da dare indicazioni chiare agli Enti locali e Agenzie ambientali. ARPAV non ha comunque perso tempo ed ha già avviato un percorso di misurazione e valutazione anche sulla matrice aria. |
Quali sono le azioni che la Regione ha messo in campo? |
In sintesi, le azioni sono: la messa in opera di appositi filtri per l’acqua potabile in collaborazione con i gestori degli acquedotti; la pubblicazione di un’apposita pagina nel sito internet di Arpav; l’attivazione di progetti per l’estensione delle reti acquedottistiche; la richiesta di fondi; lo sviluppo di ricerche con università e ISS; il Piano di campionamento e monitoraggio ambientale; lo Studio sul biomonitoraggio; lo Studio epidemiologico; il Piano di sorveglianza sanitaria; il Piano di campionamento degli alimenti; la Costituzione di parte offesa presso il Tribunale di Vicenza contro la Soc. Miteni; |